La sorte ha voluto che Iosif Brodskij si sia trovato, a distanza di pochi giorni, nellโautunno del 1987, a scrivere i due discorsi qui raccolti, che vengono ad assumere nella sua opera un significato simbolico: il discorso su "La condizione che chiamiamo esilio" e quello per il Premio Nobel di letteratura. Entrambi discorsi dallโesilio, un odierno "Ex Ponto". E qui lโesilio รจ una categoria metafisica, prima che politica. Ciรฒ permette a Brodskij di schivare, sin dal primo passo, il piรน allettante rischio dellโesiliato, quello di porsi ยซsul lato banale della virtรนยป. E al tempo stesso dona unโautoritร ulteriore alla sua parola. Quando, dal podio di Stoccolma, si รจ udito che ยซlโestetica รจ la madre dellโeticaยป โ e proprio da uno scrittore di impavida fermezza etica โ, tutti hanno avvertito una scossa salutare. La letteratura non serve a salvare il mondo. Ma รจ il piรน formidabile ยซacceleratore della coscienza, del pensiero, della comprensione dellโuniversoยป. Da qui la sua capacitร di guidarci, con mano invisibile, fra tutti i dilemmi piรน subdoli. ยซIl punto non รจ tanto che la virtรน non costituisce una garanzia per la creazione di un capolavoro: รจ che il male, e specialmente il male politico, รจ sempre un cattivo stilistaยป.