Al poeta l’uomo è finitudine di un corpo sensoriale e odisseico viaggio di conoscenza, fra la forza dell’incon-scio e il dolore della coscienza, tra la tensione di desiderio e l’angoscia della perdita, fra attaccamento al familiare e il rinnovato richiamo dell’estraneo.
Il verso ritornante del Pastore segue il rituale che trattiene, ancora un istante nel suono, la prospettiva ine-sorabile di fuga dell’essere. Un essere che abbandona l’e-sigua finitudine abitativa del significante: le parole, le case, gli occhi, i palpiti, le colline, restano vuoti e risuonanti della sinestesia di ciò che non è già più contenuto, ma riversato nell’oltre di vita, al silenzio, al senso, al respiro eterno del mare.
MEMBRO DELL'ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI ROMA - COMMEDIOGRAFO E GIORNALISTA SALERNITANO.