In una narrazione intima e naturalmente poetica, Gianna Manzini ripercorre la propria infanzia, esplorando il complesso rapporto con il padre, Giuseppe Manzini, fervente anarchico scomparso nel 1925 dopo un'aggressione fascista. Un padre che alla figlia trasmette la sua piÃđ profonda convinzione: ÂŦNon basta averlo un ideale; bisogna esserne degni: capaci cioÃĻ di sacrificargli qualsiasi cosa, a cominciare da se stessiÂŧ. Un padre che nella figlia si riconosce: ÂŦ"Tu" disse infine "sei come me." Pensava: "Non ti tireresti indietro, tu"Âŧ. Nell'intrecciare i propri ricordi con le riflessioni sulla figura paterna, la sua integrità morale e inflessibilità , ÂŦl'autrice-narratrice - sostiene Cristina Savettieri - esplora lo spazio interiore dei suoi personaggi dandogli voce e immaginandone i pensieri e le emozioni, e varca cosÃŽ il confine che separa le scritture rigorosamente dal vero dall'invenzione narrativaÂŧ. Ritratto in piedi (1971) ÃĻ un'opera modernista dallo stile insolito, disarticolato, in cui rievocazioni epifaniche e pensieri emozionati si muovono in un groviglio di voci narrative - la bambina, l'universitaria, la scrittrice anziana - e piani temporali distinti. Un memoir che ÃĻ una meditazione sulla vergogna, sul dolore, sulla perdita e la riconciliazione, una storia che ci interroga ÂŦsul potere dell'arte di liberarci, sulla sua capacità di dare forma anche alla propria insufficienzaÂŧ.