Storia della colonna infame

Garzanti Classici
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A Milano nell’anno 1630 non è solo la peste a infuriare. Il terrore dell’epidemia alimenta false credenze, come quella che il morbo sia il prodotto di «arti venefiche» e che a diffondere il contagio siano loschi figuri per mezzo di sostanze infette. È in questo clima che matura il processo ai cosiddetti «untori», che porterà al patibolo l’ispettore della sanità Guglielmo Piazza e il barbiere Gian Giacomo Mora, accusati da un’umile donna del popolo senza altra prova che le confessioni estorte loro con la tortura. Concepita in origine come digressione all’interno del Fermo e Lucia, poi estrapolata e ampliata sino a diventare un vero e proprio saggio, la Storia della colonna infame (1842) ricostruisce con accuratezza la terribile vicenda giudiziaria e denuncia la corruttibilità della giustizia umana così facilmente soggetta a errori, abusi e pregiudizi. Per Manzoni lo scandalo di quel processo-farsa non è frutto dell’oscurità dei tempi o della inadeguatezza delle istituzioni, ma chiama in causa la responsabilità individuale dei giudici: quando viene smarrito il senso più alto della giustizia e tradita la verità anche il diritto può essere pervertito in strumento del male.

O autoru

Alessandro Manzoni (Milano 1785-1873) è figlio del conte Pietro Manzoni e di Giulia Beccaria. Fu quindi nipote di Cesare Beccaria e fu cresciuto secondo i dettami dell'illuminismo. Dal 1805 al 1810 dimorò a Parigi, dove frequentò intellettuali repubblicani, fra cui lo storico Fauriel. Nel 1808 sposò la ginevrina Enrichetta Blondel che, abiurata la confessione calvinista per quella cattolica, influì alla sua conversione (1810). Manzoni aderì al romanticismo con scritti etico-religiosi, storici, letterari e linguistici, che furono di grande importanza nel dibattito ottocentesco sull'unità della lingua italiana. Aderì a una poetica del vero e si convinse che fosse necassario scrivere in una lingua che potesse essere popolare e nazionale. Per questo riscrisse il romanzo storico I promessi sposi. Fu anche poeta (Gli inni sacri e le odi) e tragediografo (Adelchi).

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