Atteso che la narrazione sia, indissolubilmente, legata alla vita e ne condivida le sorti, non potendo approdare ad uno stato compiuto perché l'esistere non contempla questa condizione, tutte le speranze disattese mi hanno indotto a ricorrere a questa nobile arte per creare contenuti aperti, incompleti, magmatici, poiché l'oggetto stesso della loro critica è in perpetuo movimento; preamboli di un testamento, l’asserzione di quel poco di sapere che ho accumulato e che è completamente diverso da quello a cui ambivo.
Probabilmente George Orwell, nella sua fattoria degli animali, non sbagliava sostenendo che, nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario, e, a mio modesto avviso, la verità non merita di essere soffocata dall’omertà, ma deve eruttare con tutta la sua travolgente forza e, purtroppo, quando un contenuto supera il muro dell'indifferenza e le storie che veicola iniziano a creare dibattito, puntualmente arriva il discredito per l’autore.
Roma riproduce in scala tutti i disagi che affliggono la nazione e l'obiettivo prefissato è liberare l’ipotiposi; rievocare il vissuto con la creazione di una base narrativa su cui spaziare liberamente e dare vita a scorci di una città parcheggiata su una dimensione diversa, inedita e sconosciuta a molti.
Per ricostruire i modi d’espressione, che implicano una resa il più possibile vicina al carattere del personaggio, soprattutto nei dialoghi, ho usato i dialetti per la loro capacità di resa espressiva e per aggredire sia il senso comune che il conformismo letterario, che diventano una media d'espressione di per sé stessa falsa e ipocrita.
Ho utilizzato anche parole arcaiche per sfruttare la terminologia curiale e, quindi, raggiungere l’ironia con l’impiego di stilemi di precisione formale, una sorta di barocchismo linguistico per recuperare linguaggi anacronistici da utilizzare in funzione denegante e deformante.
Spero di esser riuscito nell'intento e che il risultato sia un contenuto non omologato, sia per quanto riguarda la struttura che lo stile narrativo, e forse ciò che ho scritto basta a dire dignitosamente quello che volevo narrare affrontando tematiche di forte impatto sociale e culturale attraverso rime ironiche e taglienti, raccontando paradossi e contraddizioni della nostra realtà.
Cito il carissimo Ildeberto di Lavardin:‘Roma quanta fuit, ipsa ruina docet’ per asserire che questo è il mio modesto tributo alla meravigliosa città che mi ha regalato autentici scampoli di vita serena e, se questa mia manifestazione viene alienata, pazienza, intanto io mi sono espresso il più possibile liberamente sperando di non essermi imbattuto in vituperate cadute di stile.