Gantenbein porta sempre occhiali scuri e finge di essere cieco, anche se in realtà vede benissimo. Ma grazie a quello stratagemma può scoprire come sono davvero le persone, poiché agiscono credendo di non essere osservate. Prima di tutte la bella moglie Lilla, attrice; e poi Camilla, la manicure, a cui Gantenbein narra le sue storie, storie indossate come abiti. E tra questi racconti c'è anche quello di un cadavere ripescato nel fiume. Un morto senza nome e senza passato, o quasi...
Romanzo della costruzione di un'identità, Il mio nome sia Gantenbein rivela tutto il genio di Max Frisch che, in un mosaico spiazzante di personaggi e situazioni, mostra al lettore i processi della creazione narrativa, il ruolo dell'esperienza, dell'immaginazione, del racconto, e lo spinge a confrontarsi con i grandi interrogativi dell'epoca postmoderna.